L’ELEGIA LATINA

Villa_dei_Misteri_IV-V_-_1.jpg
L’elegia latina trova il suo massimo sviluppo durante l’età augustea e ne saranno autori, appunto, gli “elegiaci” Gallo (di cui non possediamo pressoché nulla) Tibullo e Properzio, nonché Ovidio, che pratica questo genere sia in gioventù con gli Amores che in età adulta con le Heroides. Di questo genere ci dice Quintiliano elegia quoque Graecos provocamus, anche l’elegia compete con i Greci.

L’origine latina dell’elegia

Questo ci dice che tale genere deriva da quello greco con alcune rilevanti differenze: pur conservando il metro originale, il distico elegiaco (unione d’esametro e di pentametro), l’elegia romana si caratterizza per il contenuto strettamente erotico, mentre l’ellenico contiene temi vari, fra cui anche il guerresco ed il moraleggiante.

Non sappiamo con certezza l’origine del nome, forse dal metro, in greco  elegòs cioè l’unione di due versi, qualcuno invece la fa derivare dallo strumento del flauto che accompagnava tale composizione, ma possono anche essere vere le due derivazioni; quello che appare è che lo stesso strumento non può che darci un senso di tristezza e di malinconia con cui ancora oggi ci si riferisce con questo termine.

1200px-Egitto_romano,_testa_forse_di_g._cornelio_gallo,_30_ac_ca.jpgBusto di Cornelio Gallo

Ad inaugurarlo sembra sia stato Cornelio Gallo, autore di un libro d’elegie Amores dedicato alla donna amata, Licoride, che dopo aver ottenuto l’incarico di pretore d’Egitto, cadde in disgrazia presso l’imperatore. Di lui non c’è rimasto pressoché nulla, ma sembra sia stato lui ad operare un cambiamento tematico rispetto al modello. Tale cambiamento va ricercato sia per la mutata condizione storica, che forse non permetteva argomenti direttamente “politici”, sia perché il tema erotico aveva avuto un’ottima tradizione latina.

Possiamo infatti, schematicamente, individuare i “precedenti” dell’elegia romana in:

  • L’elegia greca;
  • L’elemento soggettivo con Catullo ed i neoteroi;
  • L’elemento erotico-mitografico dell’epigramma alessandrino.

Temi dell’elegia romana

Se fra gli antecedenti troviamo la poesia catulliana è perché con essa l’elegia condivide l’estrema raffinatezza formale ed il gusto per l’otium, la vita estranea ad ogni impegno, la prevalenza della sfera privata su quella pubblica. Per questi poeti, quindi la poesia ha un forte carattere soggettivo, all’interno tuttavia di modalità ricorrenti al genere elegiaco che li allontanano dal biografismo puro.

William-Adolphe_Bouguereau_(1825-1905)_-_Elegy_(1899).jpgWilliam Adolphe Bouguereau (1825-1905):  Elegy (1899)

Tali modalità sono da ricercare soprattutto nell’esperienza d’amore, l’unica capace di riempire la vita di un uomo: attraverso essa l’uomo raggiunge l’aspirata autarkeia, cioè la piena autosufficienza. Essa si pone come servitium, rapporto di schiavitù verso la domina, che è sempre capricciosa e tendenzialmente traditrice (e quindi quanto più lontano dalla virtuosa uxor); ciò produce rari momenti di gioia e molti di dolore. Sembra tuttavia che ci sia infine una sorta di compiacimento nell’addolorarsi dell’infedeltà della donna amata e perciò i poeti spesso vagheggiano un’età felice o miti antichi raffiguranti amori illustri (è evidente qui la lezione dei poeti alessandrini e dei carmina docta di Catullo).

Se la vita si rifugia nella continua ricerca di un amore appagante con una donna dai facili costumi (si ricorda qui, per inciso, la Lesbia catulliana) tale vita si situa sotto il segno della nequitia, cioè una vita di dissipazione, nettamente contraria alla rivalutazione del mos maiorum che è l’asse portante della politica culturale augustea, soprattutto per il desiderio irraggiungibile di costituire, nell’irregolarità del rapporto, una regolarità “sociale” impossibile da realizzarsi. E’ proprio il giocare all’interno di questi due estremi che si situa la loro ricerca docta, che evita così di essere fine a stessa.

o-STATUA-VILLA-MESSALLA-facebook.jpgRitrovamento archeologico della villa di Messalla

Messalla  

E’ il personaggio intorno al quale fa perno la poesia elegiaca, almeno quelli che appaiono nel Corpus Tibullianum. Dapprima repubblicano, si spostò poi sulla linea augustea, arrivando ad ottenere incarichi anche importanti. Uomo certamente colto, volle a un certo punto della sua vita far ciò che faceva Mecenate con la differenza che, dietro a quest’ultimo vi era la figura del princeps. Ciò ha permesso di avere una posizione che se non d’opposizione, poteva avere una più sfumata autonomia.

Lascia un commento